Attendevo serate spensierate da troppo tempo. Sognavo aperitivi e svaghi all’aria aperta; scarpe leggere da sfoggiare sul selciato della piazza in centro, soprabiti svolazzanti alla brezza estiva da indossare al calar del sole; gelati al chiosco in fondo alla via e pizze al taglio vicino alla fontana dei teatri. Avevo progetti ottimisti per questo Aprile e non li abbandonerò… ma le previsioni meteo mi obbligano a posticiparli. Finché Thor, figlio di Odino, dio del tuono, si accinge a scagliare il suo martello fra le nubi, fracassando timpani e annaffiando terreni incolti e stolti, temo che le possibilità di goderci la bella stagione sulla penisola siano pressoché nulle.
Si potrebbe pensare di uscire in canoa, di vestirci da palombari e attraversare la città a piedi, incuranti dei ruscelli sul Corso, dei fulmini nei parcheggi e degli tsunami nelle fogne (oltre a quelli in Indonesia). L’acqua è vita. Potremmo approfittarne per essere incredibilmente felici e cantare sotto la pioggia ballando il tip tap.
Potremmo… ma potremmo anche decidere di stare al coperto, asciutti e altrettanto contenti fra quattro mura, ad ascoltare la pioggia sul tetto, sui vetri, nelle grondaie.
Invitiamo qualche amico, anche così, su due piedi; spalanchiamo la porta di casa e del frigo e improvvisiamo una cena con quello che c’è. Una pasta agli avanzi, un risotto scondito, un salame dolce con il cioccolato delle uova di Pasqua rimaste. Qualche gesto sicuro fra i fornelli, due padelle, il fuoco alto e un pizzico di sale. Rimediamo al confino forzato con improvvisazioni teatrali, mirate e certamente ben riuscite: ogni frigorifero nasconde sorprese, a volte spiacevoli, più spesso miracolose. Non può mancare una buona bottiglia da stappare (e se davvero non c’è, commissioniamola agli ospiti). Un secco movimento di gomito, il tappo schiocca dal collo di vetro, il vino germoglia nei calici e il buonumore si diffonde, senza bisogno d’altro.
Spia accesa nello stereo, scegliamo un disco, scegliamone due, prendiamone tre. Seduti sul tappeto, i bicchieri fra le mani, le forchette fra i capelli. Lasciamo decantare la domenica, raccontiamola e facciamocela raccontare da chi abbiamo accanto; quella passata e quella che verrà, che adesso non ci interessa, perché siamo impegnati a improvvisare una bella serata da declinare al presente. Quella che non ti aspettavi e che invece ti stupisce. Lenta e piacevole. I momenti più semplici sono quelli che poi ci ricordiamo di più perché ci regalano qualcosa che credevamo di avere e invece ci mancava: tempo libero, tempo vuoto. Da riempire improvvisando, da riempire chiacchierando, invitando, ospitando, condividendo quel che c’è, con chi c’è e con chi vuole esserci: per sbaglio, per caso o per pioggia. O per fortuna.
Prosa emozionante perchè calda ed accattivante: brava!
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NOn montiamole la testa… 😀
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guarda che ti censuro assieme ai messaggi della spam sui passaporti falsi e il viagra!! 😉
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