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Quando non avevo un vero televisore collegato all’universo come quello di cui dispongo ora, trovavo sempre e comunque il modo per seguire questa serata attraverso un computer. Con il naso attaccato al monitor cercavo freneticamente siti clandestini che trasmettessero la diretta e fonti più ufficiali che ne inquadrassero i protagonisti, gli abiti, le scarpe, i sorrisi, i saluti; ascoltando e leggendo tutti quei gossip così irresistibilmente inutili.

Non so spiegare la curiosità che pervade lo spettatore fedele, la sua sete di quella formale ed elegante mondanità che solo gli americani riescono a creare; la voglia di vedere gli attori sfilare, intrattenere un pubblico globale, attendere un verdetto nascosto in una busta, un successo immediato sigillato in ceralacca!

Uno scenografico red carpet, imponenti e cinematografiche quinte sceniche e fari puntati sui protagonisti e su chi lavora tutti i giorni nei retroscena: costumisti, sceneggiatori, musicisti, assistenti… La grande macchina del Cinema, quello più osservato e chiacchierato, amato e sognato, per una serata intera si auto-celebra e si mostra al pubblico in tutto il suo più narcisistico splendore.

E’ bello in qualche modo esserci, e se poi si è in compagnia, nominations alla mano, si possono raccogliere scommesse, classificare abiti, pettinature e stili. Si fa il tifo, si supporta, si ride e si deride amabilmente.
Domenica sera potremo dirlo, la notte degli Oscar rimane un mito intramontabile. Pacchiano al punto giusto e per questo impareggiabile, come un vecchio zio a cui vuoi bene, ti diverte e sa sempre come stupirti.
Lo zio d’America arriva tardi di notte, una volta all’anno. Ti porta una valigia piena di regali e tu stai sveglio per scartarli tutti, uno ad uno. Busta dopo busta, regalo dopo regalo… statuetta dopo statuetta. Lo zio d’America, lo zio Oscar.

And the Oscar goes to…

Ascolta qui la puntata
di “Stasera che sera” letta a Take Away su radio Capital

staserachesera-2012-02-26.mp3 



 


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