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Luci soffuse, profumo di bucce d’arancia sul termosifone e noccioline per tutti. Nei giorni più freddi dell’anno, la domenica, è bello passarla anche così, nel tepore casalingo del Natale finito, guardando fuori dalla finestra, scongiurando la neve ma, in segreto, attendendola, desiderosi di “inverno”.

In famiglia o tra amici, si parla del più o del meno, si ascolta la radio, si leggono i giornali, si assapora la vacanza dopo il sabato del villaggio, e tutto sembra sospeso nel domenicale dolcefarniente. Finché qualcuno non estrae da sotto il tavolo una scatola sospetta, variopinta…e basta aprirne il coperchio per fare uscire clessidre, biglietti colorati, pedine, fogli bianchi, matite e tabelloni!

Parliamo di giochi da tavolo, giochi “di società”. Un pizzico di competizione e un cucchiaio di spensierata idiozia (e una spalata di neve in faccia, che nel frattempo ha iniziato a scendere, lieve, in giardino). “da x a 99” è sempre stata la mia dicitura preferita, quella delle scatole di cartone dagli angoli blu (peccato per la nonna di 102 anni ma, in fondo, si sa, è una rarità!).

Fra i tanti, sicuramente “Taboo, il gioco delle parole proibite” è degno di nota. Per chi non ci avesse mai giocato: un giro di clessidra e una serie di parole da far indovinare, con il divieto assoluto di utilizzarne altre, nel gergo comune solitamente legate, associate, masticate assieme a quella da descrivere, per significato o contesto. Diciamo la verità, è drammaticamente difficile: chi balbetta, chi si morde la lingua, chi tenta di ricostruire episodi vissuti, citando imprese epiche, per rievocare la parola nascosta nella memoria dei compagni di squadra. Chi lo ascolta e lo guarda inebetito, cerca di carpire il filo del discorso, urlando parole a caso di tanto in tanto, sperando di cogliere quella esatta.

Il problema più grande di questo gioco è la composizione delle squadre. Intere generazioni di partecipanti si sono dovute confrontare con questa dura realtà: secondo le regole i concorrenti devono sedere in cerchio, alternati, uno per squadra. E questo, capirete, è possibile solo se il numero dei giocatori è pari… per ovviare al problema c’è chi va a suonare al vicino ottantenne per chiedergli gentilmente di prendere parte alla sfida, chi si autoesclude umilmente, restando in un angolo a braccia incrociate, e chi chiede al padrone di casa di giocare a Guglielmo Tell, mettendo una mela in testa al compagno di squadra più antipatico. Nei gruppi di amici più democratici invece, solitamente si utilizza la tattica del “uno alla volta si salta il turno e si va in bagno”.

Uno dei miei preferiti in assoluto resta in ogni caso, Pictionary, il famoso “gioco delle parole schizzate”. Fogli bianchi, matite, un dado e un tabellone. Varie squadre con almeno due giocatori per gruppo, uno disegna e i compagni indovinano. Le categorie variano da persone-luoghi-oggetti, azioni, difficoltà e infine sfida, in cui i disegnatori di ogni squadra disegnano contemporaneamente lo stesso oggetto, con il risultato che solitamente “l’artista” meno abile viene ignorato persino dalla propria squadra, che tenta di spiare dai fogli degli avversari. E’ il gioco migliore per individuare le “affinità elettive”: è matematico, si creano sempre simbiosi particolari fra due componenti di una squadra. A volte basta che uno tiri una linea con la matita che l’altro saprà già cosa voleva disegnare. Dicono sia un buon allenamento per imparare a leggere nel pensiero! Ci vuole rapidità, intuito e molta, moltissima immaginazione.

Giro la clessidra, buona domenica e buona fortuna!


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One thought on “Buona domenica e buona fortuna

  1. Sig.na Scafandro,
    il non aver citato il Monopoli, specie se ancora in lire, le attirerà i miei strali convinti! 🙂
    Belli i giochi da tavola: la competizione, le squadre da farsi in modo da evitare l’amico con cui si sa già che si perderà, la bottiglia di vino in mezzo alla tavola per facilitare la gara e i dolciumi mangiati cercando di evitare sguardi curoisi e inquisitori, i bisticci a fine partita per un punto guadagnato su regole incerte e le prese in giro agli sconfitti, che dureranno fino alla prossima sfida. O forse semplicemente fino alla mattina successiva.

    "Mi piace"

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